pesso
quelli che ora sono i
nostri bonsai hanno avuto una storia travagliata
ed il raccontarla ci aiuta a capirne il carattere
e la personalità. Di certo, quando il signor
Rinaldi aveva acquistato questo Chamaecyparis aveva
pensato che prima o poi sarebbe andato ad abbellire
qualche bel giardino, ed a dire il vero di Chamaecyparis
ne aveva acquistati parecchi, alcuni dei quali si
possono ancora vedere nei suoi vivai. Purtroppo
le cose non erano andate nel verso giusto e le sue
belle piante avevano dimostrato una crescita disordinata
e un po' bizzarra, tanto da meritarsi il nomignolo
di pini pazzi. Le notò il mio amico Gigi
e io non mi feci certo pregare ad effettuare una
supervisione del materiale. Una decina di pini pazzi
erano allineati, allevati in piena terra e tutti
erano caratterizzati da una forma curiosa con improvvisi
getti lunghissimi, rami secchi a non finire, ma
anche una buona disponibilità a germogliare
da legna secca. Scelsi quello che mi sembrava più
promettente (meno peggio), lo zollai in un tardo
pomeriggio di aprile e lo misi in un grosso ciotolone
di coltivazione affinchè si riprendesse.
Usai tutte le attenzione che potevo per favorire
l'attecchimento, e il mio pino pazzo non mi deluse
non dando alcun problema.
Passò un anno ed ebbi l'occasione
di effettuare la mia prima lavorazione durante un
seminario presso l'Arte Bonsai Club di Novara. Si
cominciò a delineare una sagoma molto delicata,
un tratto femmnile, ma col passare del tempo mi
resi conto che molto restava ancora da fare per
esprimere la grazia e la forza che il mio pino pazzo
avrebbe potuto avere. Ad ogni innaffiatura lo osservavo,
ne studiavo le linee e il comportamento, e a poco
a poco trovai i punti su cui intervenire. Il coraggio
mi venne una domenica pomeriggio e mi durò
tutto il tempo necessario. Elimanai l'apice e il
primo ramo trasformandoli in jin, applicai il filo
sui rami primari ed effettuai un grosso lavoro di
potatura dei rami secondari scegliendo e ordinando
quello che avevo a disposizione: due ore più
tardi la mia pianta aveva un'altra personalità,
dimostrava tranquillità, calma, dolcezza,
ed esprimeva tutta la sua forza.
Nella primavera successiva dato il suo ottimo
stato di salute, la rinvasai. E' iniziata così
un'altra fase della coltivazione, quella in cui,
anno dopo anno, rinvaso dopo rinvaso, dovrò
cercare di comprendere l'anima del mio Bonsai, la
sua forza, la sua dolce personalità, e se
saprò farle mie mi ricompenseranno negli
anni per sempre.
Ora ci meritiamo
un vaso ed in esso ci sentiamo a nostro agio anche
se ci sta forse un po' stretto; con i prossimi rinvasi
avremo un feeling maggiore e con un po' di paziente
lavoro saremo più ordinati, più dolci,
più Bonsai.
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